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Dal 1996, quando nacque l'Associazione PRIMA di Bologna, la prima organizzazione in Italia ad essersi occupata di Mobbing, e si cominciò, faticosamente, a diffondere la conoscenza su questa problematica sociale, molte cose sono cambiate, alcune in bene, altre purtroppo no.
È innanzitutto progredita la scienza e la ricerca sul fenomeno, si sono affinati gli strumenti di rilevazione, l'esperienza ci ha messo in grado di sapere ora qual è il modo migliore di trattare un caso di Mobbing, sia dal punto di vista del benessere psicofisico della persona, sia da quello della tutela legale.
È aumentata poi la sensibilità sul problema: l'informazione si è diffusa, la divulgazione ha fatto sì che oggi quasi tutti abbiano un'idea più o meno precisa di cosa sia effettivamente il Mobbing e quali conseguenze provochi; conseguentemente parlarne non equivale più, come era all'inizio, a lanciare una sfida al mondo.
Infine, è cambiata la giurisprudenza del lavoro, che ha inglobato il nuovo concetto di mobbing, creando presupposti e fissando criteri, con il risultato che oggi intentare una causa per mobbing non differisce molto, almeno sul piano della praticabilità, dall'avviare una qualsiasi altra controversia di lavoro.
Accanto a questi sviluppi che si possono senz'altro definire positivi, la diffusione su larga scala del concetto di Mobbing ha avuto, purtroppo e ovviamente, anche i suoi aspetti meno edificanti.
Tra questi, quello che salta più agli occhi è forse l'uso indiscriminato che si tende a fare di questo termine. Ciò è dovuto in parte all'ignoranza generalizzata di quelli che sono i presupposti di fondo della scienza del Mobbing, in parte alla sfuggevolezza stessa del concetto, difficilmente inquadrabile all'interno delle normative e delle procedure proprie del nostro sistema.
Ricordo bene che all'inizio del mio impegno in materia, la percentuale di effettivi casi di Mobbing tra le persone che si rivolgevano alla mia Associazione per una valutazione della propria situazione lavorativa era molto alta: in pratica quasi tutte le vicende erano ascrivibili al Mobbing e molte hanno successivamente dato luogo ad azioni legali.
Attualmente il quadro si è praticamente rovesciato: la maggior divulgazione ha fatto sì che si sia triplicato il numero delle persone che si ritengono vittime di Mobbing, ma nei fatti la percentuale dei casi di effettivo Mobbing è calata drasticamente: la nostra stima attuale è di circa un caso di Mobbing ogni cinque segnalazioni. Il dato si ridimensiona ulteriormente se si considera che è possibile dare un aiuto concreto, sopratutto a livello legale, solo in una minoranza di questi casi, e ciò perché in genere manca un adeguato supporto probatorio.
La cosa più sconcertante è tuttavia un'altra: la maggior parte delle persone che si rivolge a me è già in possesso di certificazioni mediche, perizie e consulenze di vario tipo attestanti il Mobbing, e spesso anche di ricorsi per risarcimento dei danni da Mobbing già avviati, per cui succede che, nel momento in cui esprimo una mia valutazione negativa, assisto alle reazioni più svariate: si va dal disorientamento alla rabbia, che in qualche caso si riversa addirittura su di me.
Al di là della speculazione, che purtroppo è si è ben assestata anche in questo campo, ritengo che il problema fondamentale vada ricercato nella profonda confusione esistente riguardo ai ruoli specifici che dovrebbero ricoprire i diversi professionisti chiamati ad occuparsi di un problema di vero o presunto Mobbing.
Il Mobbing è un tipico esempio di problematica interdisciplinare, il cui trattamento cioè chiama in causa, a diversi livelli e con diverse finalità, professionisti afferenti a distinte discipline, che devono collaborare e rapportarsi l'uno all'altro in modo coerente. Il concetto espresso in questo modo appare semplice e quasi ovvio, tuttavia è attualmente ben lontano dalla sua realizzazione pratica.
In sostanza è accaduto che ogni categoria professionale ha tentato di ingaggiare una sorta di corsa al Mobbing, in cui è parso fondamentale giungere per primi a rivendicare il problema come proprio, strappandolo letteralmente dalle mani degli altri concorrenti.
A prescindere dalla scarsa professionalità di una tale bagarre, è chiaro che a rimetterci maggiormente altri non è se non l'utente stesso: in genere infatti il presunto soggetto mobbizzato in cerca di soluzione al suo problema non viene seguito adeguatamente dal professionista a cui si è affidato ed è destinato a pagare di tasca propria le conseguenze di un'azione avventata o inefficace.
Ciò ha un risvolto etico profondamente significativo e la sua soluzione non può che passare attraverso la necessità di diffondere tra i professionisti una vera e propria cultura morale in tema di Mobbing, oltre che fornire le indicazioni pratiche su come trattare effettivamente il caso specifico.
Mi permetto a questo punto di delineare un percorso ideale, una sorta di vademecum del tutto praticabile, che consentirebbe a tutti professionisti coinvolti nel trattamento di un caso di vero o presunto Mobbing di conoscere le prerogative del proprio ruolo, di non oltrepassare i limiti del proprio intervento e di giungere così ad un risultato corretto, professionale e soprattutto efficace.
Il Mobbing è nato come disciplina propria della Psicologia, ed in particolare della Psicologia del Lavoro e dell'Organizzazione, diffusa e legittimata scientificamente a partire dalla metà degli anni '90 attraverso i convegni e le pubblicazioni dell'EAWOP, l'Associazione Europea di Psicologia del Lavoro e dell'Organizzazione.
Ne consegue che la figura professionale a cui spetta la prima valutazione del presunto caso di Mobbing non può che essere uno psicologo con adeguata formazione in tema specifico. Nella scienza psicologica esistono parametri, criteri e test idonei ad accertare o escludere la presenza del Mobbing con obiettività scientifica e massima limitazione dei fattori soggettivi ed interpretativi. Io stesso sono autore di un Metodo accreditato per la determinazione del Mobbing e l'eventuale quantificazione del conseguente danno da Mobbing, danno che, come ho già avuto modo di spiegare nei miei testi, ha una natura specifica e particolare (base professionale con componenti esistenziali) e nulla ha a che vedere con il cosiddetto danno biologico, che è di competenza prettamente medica.
Lo psicologo può anche essere chiamato in causa per fornire sostegno terapeutico alla vittima di Mobbing: in questo caso la sua preparazione può anche essere meno specifica, nel senso che è sufficiente una competenza in fatto di psicoterapia, conflitti relazionali, dinamiche di gruppo etc. Approfitto per aprire a questo punto una parentesi riguardo ai gruppi di autoaiuto in tema di Mobbing. Varie ricerche condotte in Germania ed in Olanda hanno dimostrato che questo tipo di approccio, che funziona egregiamente per altri problemi sociali come l'alcolismo, nei casi di Mobbing non solo non funziona, ma può addirittura peggiorare la situazione. I mobbizzati, infatti, nell'ascoltare vicende simili alle loro e nel conoscere persone con gli stessi problemi, tendono sì a tranquilizzarsi con la percezione di non essere soli, ma dall'altra parte sviluppano una sorta di rassegnazione che li porta fatalmente ad appiattirsi e a rinunciare a qualsiasi reazione: tendono cioé a deprimersi ancora di più e a sviluppare (o peggiorare) manie di persecuzione o altre costruzioni vittimistiche ed autolesionistiche. Questo succede perché il Mobbing non è un problema della persona, ma dell'ambiente lavorativo.
Lo psicologo è dunque una figura centrale nella valutazione preventiva della situazione di Mobbing. Meglio sarebbe se fosse già specializzato nelle problematiche relative all'ambiente lavorativo e abituato a valutare fattori di rischio e incidenze professionali sul benessere psichico del lavoratore, ma soprattutto, lo psicologo deve essere necessariamente formato sul tema specifico del Mobbing.
La centralità della figura dello psicologo non esclude certo la figura del medico, che a seconda delle specialità è coinvolto nella cura delle patologie o dei disturbi connessi alla situazione di disagio lavorativo o in sede di valutazione del danno biologico correlato al Mobbing.
In quest'ultimo caso, il medico dovrebbe a rigore entrare in gioco solo dopo l'esito positivo dell'accertamento psicologico sul Mobbing. Ciò gli permetterebbe di avvalersi di tale precedente valutazione per risolvere il punto forse più controverso (e oggettivamente debole) delle perizie medico legali in tema di Mobbing, ossia il riconoscimento del nesso causale tra patologia e ambiente lavorativo.
Il ruolo del medico così definito non è e non deve in nessun modo essere considerato come subordinato o di second'ordine: al contrario esso permane esclusivo e indispensabile nell'accertamento del danno biologico e semmai risulta facilitato dal lavoro a monte dello psicologo, che gli consente di evitare azzardi e conseguenti brutte figure in tema di nesso causale. Mi si consenta di far notare che locuzioni del tipo: "è ovvia la matrice mobbizzante di tali disturbi", o "si tratta di patologie riconducibili senza alcun dubbio al fenomeno del Mobbing", che compaiono sulla maggior parte delle perizie medico legali che pretendono di accertare il Mobbing, nonĀ  suonano né professionali né definitive, soprattutto non sembrano certo adatte a sostenere indenni gli scossoni di un dibattimento processuale.
La medicina è la scienza delle patologie, della cura e, nel caso specifico della medicina legale, dell'accertamento del danno alla salute; sicuramente non è una scienza che possa stabilire la presenza o meno del Mobbing in una vicenda lavorativa. Quando un medico pretende di fare anche questo, deve rendersi conto di non avere materialmente gli strumenti adatti e quindi di non poter procedere in modo efficace; viceversa, l'operatore medico serio e professionalmente corretto conosce il campo dove può agire al meglio ed essere di maggiore aiuto al suo paziente.
Psicologo e medico, nel Mobbing come in altre discipline, devono lavorare in squadra: l'uno accerta la causa, l'altro fornisce la diagnosi, stabilisce la terapia, indica i rimedi, valuta i danni alla salute. Non vedo come in tale sistema uno dei due possa sentirsi sminuito o sottovalutato, ma so per certo che ciò purtroppo accade. Ed ecco che arrivano referti medici che "diagnosticano" il Mobbing e perizie medico legali che, come ho ricordato sopra, accertano il nesso causale in quanto "evidente".
In un incidente stradale, ad esempio, occorrerebbe una perizia cinematica per accertare la dinamica del sinistro e stabilire il grado di responsabilità delle parti in ordine all'urto e viceversa, una perizia medico legale sarebbe in grado di valutare il danno derivante dal sinistro (es. frattura alla gamba) al guidatore leso; nel Mobbing le cose stanno in termini molto simili.
Tornando all'iter ideale che sto descrivendo, a questo stadio la persona dovrebbe essere in possesso della valutazione dello psicologo che accerta il Mobbing e l'eventuale danno da Mobbing e della perizia medico legale che attesta il danno biologico correlato al Mobbing. È il momento dunque di andare a sentire il parere di un buon avvocato giuslavorista, in merito alla materiale praticabilità, in termini soprattutto di disponibilità di prove e di probabilità di vittoria, di una eventuale causa di Mobbing, con relative richieste risarcitorie.
È noto che al pari dei medici, anche la categoria dei giuristi rivendica il Mobbing come cosa propria. Non è un caso che i testi giuridici sul Mobbing tendano a citare solo altri testi giuridici, evitando quindi di uscire dai limiti della scienza del diritto, con il risultato di sfociare spesso in un circolo vizioso di rimandi e di non giungere mai alla vera fonte della questione.
Il problema è che la Giurisprudenza, e mi riferisco soprattutto alle sentenze emesse fino ad oggi, ha dovuto in qualche modo tradurre i concetti collegati al Mobbing in termini giuridici, e questo passaggio non è avvenuto sempre in modo corretto ed indenne: spesso infatti si sono dovuti rivedere i limiti delle definizioni e reinterpretare molti significati. Per conseguenza, il concetto di Mobbing che scaturisce dai testi giuridici non è lo stesso elaborato e diffuso dalla psicologia. Il monito dunque è semplice: attenzione a non scambiare la copia rivisitata e corretta con l'originale e soprattutto attenzione a non ritenere il Mobbing come una categoria esclusivamente giuridica!
L'avvocato dunque non può né accertare il Mobbing, né tantomeno può quantificarne il correlato danno. Egli potrà misurare la vicenda con il metro alle leggi in vigore o delle sentenze esistenti e valutare il grado di attendibilità delle prove documentali o testimoniali a disposizioni, ma per chiamare la vicenda Mobbing piuttosto che demansionamento o stress, dimostrarne la lesività e quantificarne la dannosità avrà necessariamente bisogno dei supporti peritali specialistici dello psicologo e del medico legale.
Ecco come le tre professionalità più chiamate in causa in fatto di Mobbing, psicologo, medico e avvocato, dovrebbero cooperare e rapportarsi reciprocamente: solo una fattiva e puntuale collaborazione, fatta di scambio di informazioni, convidisione di strategie e coerenza di finalità potrà portare a risultati concreti e decisivi, e questo - faccio notare - non vale certo solo in fatto di Mobbing.
Solo in questo modo ognuno dei singoli professionisti potrà garantire il massimo contributo della sua scienza e agire nel pieno rispetto dell'etica professionale. Non è un caso che nei Codici Deontologici dello psicologo, del medico e dell'avvocato si trovino espressi, in maniera del tutto analoga, i medesimi, universali principi: competenza nel proprio operato, coscienza dei propri limiti, trasparenza degli intenti e, soprattutto, pieno rispetto della persona che richiede l'aiuto specialistico.

 

 
 

 

PRIMA - Associazione Italiana contro Mobbing e Stress psico-sociale - via G. Marconi 51 - 40122 Bologna - tel. 051 614 89 19 Credits Scura Design