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Con la parola Mobbing si intende una forma di terrore psicologico sul posto di lavoro, esercitata attraverso comportamenti aggressivi e vessatori ripetuti, da parte di colleghi o superiori. La vittima di queste vere e proprie persecuzioni si vede emarginata, calunniata, criticata: gli vengono affidati compiti dequalificanti, o viene spostata da un ufficio all'altro, o viene sistematicamente messa in ridicolo di fronte a clienti o superiori. Nei casi più gravi si arriva anche al sabotaggio del lavoro e ad azioni illegali. Lo scopo di tali comportamenti può essere vario, ma sempre distruttivo: eliminare una persona divenuta in qualche modo "scomoda", inducendola alle dimissioni volontarie o provocandone un motivato licenziamento.
Si tratta di una materia solo recentemente teorizzata, ma ben nota, più vicino alla nostra vita di quanto non avremmo mai immaginato. Il Mobbing si manifesta come un'azione (o una serie di azioni) che si ripete per un lungo periodo di tempo, compiuta da uno o più mobber per danneggiare qualcuno (che chiameremo mobbizzato), quasi sempre in modo sistematico e con uno scopo preciso. Il mobbizzato viene letteralmente accerchiato e aggredito intenzionalmente (il verbo inglese to mob significa "assalire, aggredire, affollarsi attorno a qualcuno") da aggressori che mettono in atto strategie comportamentali volte alla sua distruzione psicologica, sociale e professionale. I rapporti sociali si volgono alla conflittualità e si diradano sempre più, relegando la vittima nell'isolamento e nell'emarginazione più disperata.
In alcuni casi il mobber è l'azienda stessa e la strategia persecutoria assume i contorni di una vera e propria strategia aziendale di riduzione, ringiovanimento o razionalizzazione del personale, oppure di semplice eliminazione di una persona indesiderata. Siamo di fronte a quello che viene chiamato Bossing: una vera e propria politica di Mobbing, compiuta dai quadri o dai dirigenti dell'azienda con lo scopo preciso di indurre il dipendente divenuto "scomodo" alle dimissioni, al riparo da qualsiasi problema di tipo sindacale.


Le fasi di sviluppo

Il Mobbing non è una situazione stabile, ma un processo in continua evoluzione. Sulla base di ciò, gli esperti tedeschi e svedesi hanno cercato di definire gli stadi che il Mobbing attraversa, per cercare di capirne così i metodi e le prerogative. Sulla base del modello di Mobbing più famoso, ossia quello a quattro fasi di Leymann, ho elaborato un modello particolare che si compone di sei fasi di Mobbing vero e proprio, legate logicamente tra loro e precedute da una sorta di pre-fase, detta Condizione Zero, che ancora non è Mobbing, ma che ne costituisce l'indispensabile presupposto.


  • "CONDIZIONE ZERO": Non si tratta di una fase, ma di una pre-fase, di una situazione iniziale normalmente presente in Italia e del tutto sconosciuta nella cultura nordeuropea: il conflitto fisiologico, normale ed accettato. Una tipica azienda italiana è conflittuale. Sono poche le aziende che sfuggono a questa regola. Questa conflittualità fisiologica non costituisce Mobbing, anche se è evidentemente un terreno fertile al suo sviluppo. Si tratta di un conflitto generalizzato, che vede tutti contro tutti e non ha una vittima cristallizzata. Non è del tutto latente, ma si fa notare di tanto in tanto con banali diverbi d'opinione, discussioni, piccole accuse e ripicche, manifestazioni del classico ed universalmente noto tentativo generalizzato di emergere rispetto agli altri. Un aspetto è fondamentale: nella "condizione zero" non c'è da nessuna parte la volontà di distruggere, ma solo quella di elevarsi sugli altri.
  • I FASE: IL CONFLITTO MIRATO: la prima fase del Mobbing in cui si individua una vittima e verso di essa si dirige la conflittualità generale. Il conflitto fisiologico di base dunque prende una svolta, non è più una situazione stagnante, ma si incanala in una determinata direzione. a questo momento l'obiettivo non è più solo quello di emergere, ma quello di distruggere l'avversario, fargli le scarpe. Inoltre, il conflitto non è più oggettivo e limitato al lavoro, ma sempre più adesso sbanda verso argomenti privati.
  • II FASE: L'INIZIO DEL MOBBING: Gli attacchi da parte del mobber non causano ancora sintomi o malattie di tipo psico-somatico sulla vittima, ma tuttavia le suscitano un senso di disagio e fastidio. Essa percepisce un inasprimento delle relazioni con i colleghi ed è portata quindi ad interrogarsi su tale mutamento.
  • III FASE: PRIMI SINTOMI PSICO-SOMATICI: La vittima comincia a manifestare dei problemi di salute e questa situazione può protrarsi anche per lungo tempo. Questi primi sintomi riguardano in genere un senso di insicurezza, l'insorgere dell'insonnia e problemi digestivi.
  • IV FASE: ERRORI ED ABUSI DELL'AMMINISTRAZIONE DEL PERSONALE: Il caso di Mobbing diventa pubblico e spesso viene favorito dagli errori di valutazione da parte dell'ufficio del Personale. La fase precedente, che porta in malattia la vittima, è la preparazione di questa fase, in quanto sono di solito le sempre più frequenti assenze per malattia ad insospettire l'Amministrazione del Personale.
  • V FASE: SERIO AGGRAVAMENTO DELLA SALUTE PSICO FISICA DELLA VITTIMA: In questa fase il mobbizzato entra in una situazione di vera disperazione. Di solito soffre di forme depressive più o meno gravi e si cura con psicofarmaci e terapie, che hanno solo un effetto palliativo in quanto il problema sul lavoro non solo resta, ma tende ad aggravarsi. Gli errori da parte dell'amministrazione infatti sono di solito dovuti alla mancanza di conoscenza del fenomeno del Mobbing e delle sue caratteristiche. Conseguentemente, i provvedimenti presi sono non solo inadatti, ma anche molto pericolosi per la vittima. Essa finisce col convincersi di essere essa stessa la causa di tutto o di vivere in un mondo di ingiustizie contro cui nessuno può nulla, precipitando ancora di più nella depressione
  • VI FASE: ESCLUSIONE DAL MONDO DEL LAVORO: Implica l'esito ultimo del Mobbing, ossia l'uscita della vittima dal posto di lavoro, tramite dimissioni volontarie, licenziamento, ricorso al pre-pensionamento o anche esiti traumatici quali il suicidio, lo sviluppo di manie ossessive, l'omicidio o la vendetta sul mobber. Anche questa fase è preparata dalla precedente: la depressione porta la vittima a cercare l'uscita con le dimissioni o licenziamento, una forma più grave può portare al pre-pensionamento o alla richiesta della pensione di invalidità. I casi di disperazione più seri si concludono purtroppo in atti estremi.


Qualche dato dalla ricerca italiana

In base ai dati emersi dalla prima ricerca statistica sul Mobbing in Italia, condotta da PRIMA Associazione Italiana contro Mobbing e Stress Psicosociale di Bologna nel 1998 su un campione di 301 vittime, nel nostro Paese soffrono per Mobbing più di un milione di lavoratori. Se consideriamo che la vita lavorativa media è compresa tra i 35 e i 40 anni, allora possiamo dire che più o meno tutti noi siamo stati, siamo o saremo coinvolti durante il nostro lavoro in almeno un caso di Mobbing, indipendentemente dal ruolo ricoperto (da mobber, da mobbizzato o da semplice spettatore). I settori più colpiti sono l'industria e la Pubblica Amministrazione, seguiti comunque a ruota da scuola, sanità e settore bancario.
Per quanto riguarda invece le caratteristiche della tipica vittima di Mobbing, le cose non sono affatto semplici. Fin dall'inizio dei suoi studi Leymann affermò categoricamente che, in base ai risultati, non ci sono tipi di personalità inclini ad essere mobbizzati, che cioè il Mobbing può accadere a chiunque. Gli anni hanno sostanzialmente confermato questa idea. Per quanto le ricerche abbiamo tentato di individuare un gruppo di lavoratori maggiormente a rischio di Mobbing, i risultati sono ancora troppo pochi e troppo discordi per giungere ad una conclusione generale.
Dunque non è possibile delineare il profilo della "vittima designata" o le caratteristiche di un gruppo di rischio; quello che possiamo fare al momento è formulare delle indicazioni di regolarità, dedotte unicamente dall'esperienza di sei anni di lavoro sul campo e oltre tremila colloqui con vittime o presunte vittime di Mobbing. Ecco alcuni dati indicativi della situazione in Italia:


  • In Italia il Mobbing sembra essere una piaga tipica dei colletti bianchi: la categoria degli impiegati d'ufficio sembra infatti essere più colpita.
  • In linea di massima sembra più colpito il settore pubblico di quello privato, in particolare nei settori della scuola, della sanità e dell'amministrazione pubblica;
  • Il tipo di Mobbing esercitato nei due settori tende ad essere peculiare: nel pubblico tende ad essere perpetrato da parte di colleghi e superiori allo scopo di punire o indurre a desistere dalla sua azione qualcuno che si è posto in contrasto con l'ideologia di maggioranza dell'ufficio; nel privato molto diffuso è invece il Bossing.
  • Tra le fasce più colpite, secondo la mia ultima indagine statistica del 2001, risultano gli uomini tra i 30 e i 40 anni e le donne tra i 40 e i 50 anni.


I danni per la vittima

Il Mobbing ha effetti devastanti sulla persona colpita: essa viene danneggiata psicologicamente e fisicamente, menomata della sua capacità lavorativa e della fiducia in se stessa. I soggetti mobbizzati mostrano alterazioni dell’equilibrio socio-emotivo (ansia, depressione, ossessioni, attacchi di panico, anestesia emozionale), alterazioni dell’equilibrio psicofisiologico (cefalea, vertigini, disturbi gastrointestinali, disturbi del sonno e della sessualità) e disturbi a livello comportamentale (modificazioni del comportamento alimentare, reazioni autoaggressive ed eteroaggressive, passività).
La clinica psichiatrica ci dice che la vittima del Mobbing si colloca abbondantemente nell’area del cosiddetto Disturbo Post-Traumatico da Stress, disturbo che nei casi estremi provoca una profonda alterazione della personalità e che obbliga la vittima ad un isolamento sociale progressivo di tipo difensivo al fine di evitare il ripetersi degli episodi di vittimizzazione. In sostanza le vittime del Mobbing vanno incontro ad una crisi che è innanzitutto esistenziale, nel senso che la perdita del ruolo di lavoratore, epilogo che si presenta frequentemente, mina le fondamenta dell’identità personale e la propria autostima.


Il Doppio-Mobbing: le ripercussioni sulla famiglia

C'è però un altro campo in cui il Mobbing ha ripercussioni gravissime: la vita privata e famigliare della vittima di Mobbing. Si tratta di quel fenomeno che ho denominato Doppio Mobbing, una situazione che ho riscontrato frequentemente in Italia, ma di cui non si trova traccia nella ricerca europea sul Mobbing: è infatti legato al ruolo particolare che la famiglia ricopre nella società italiana.
In Italia, il legame tra individuo e famiglia è molto forte; la famiglia partecipa attivamente alla definizione sociale e personale dei suoi membri, si interessa del loro lavoro, della loro vita privata, della loro realizzazione e dei loro problemi: virtualmente non scompare mai dall'esistenza dei suoi componenti: si fa da parte, forse, ma è sempre presente a fornire consigli, aiuti, protezione. Conseguentemente, possiamo ipotizzare che, in linea generale, la vittima di una situazione di Mobbing tenda a cercare aiuto e consiglio a casa. Qui sfogherà la rabbia, l'insoddisfazione o la depressione che ha accumulato durante una giornata lavorativa passata sotto i colpi del mobber. E la famiglia assorbirà tutta questa negatività, cercando di dispensare al suo componente in crisi quanto più ha bisogno in termini di aiuto, protezione, comprensione, rifugio ai propri problemi. La crisi porterà necessariamente ad uno squilibrio dei rapporti, ma la famiglia ha molte più risorse e capacità di ripresa di un singolo, e riuscirà a tamponare la falla.
Il Mobbing, però, non è un normale conflitto, un periodo di crisi che si concluderà presto. Il Mobbing è un lento stillicidio di persecuzioni, attacchi e umiliazioni che perdura inesorabilmente nel tempo, e proprio nella lunga durata ha la sua forza devastante. La vittima soffre e trasmette la propria sofferenza al coniuge, ai figli, ai genitori per molto tempo, il più delle volte anni. Il logorìo attacca la famiglia, che resisterà e compenserà le perdite, almeno per un certo tempo, ma quando le risorse saranno esaurite, entrerà anch'essa in crisi. Come un barattolo, che ha un suo limite di capienza , così una famiglia può assorbire fino ad un certo limite i lamenti di uno dei suoi membri.
Infatti, nello stesso momento in cui la vittima si sfoga, è come se delegasse i suoi famigliari a gestire la rabbia, la depressione, l'aggressività, il malumore accumulati. E giorno dopo giorno, per mesi e anni, il barattolo si riempe, avvicinandosi sempre di più alla saturazione. Se questo avviene, la situazione della vittima di Mobbing crolla. La famiglia protettrice e generosa improvvisamente cambia atteggiamento, cessando di sostenere la vittima e cominciando invece a proteggere se stessa dalla forza distruttiva del Mobbing. Ciò significa che la famiglia si richiude in se stessa, per istinto di sopravvivenza, e passa sulla difensiva. La vittima infatti è diventata una minaccia per l'integrità e la salute del nucleo famigliare, che ora pensa a proteggersi prima, ed a contrattaccare poi. Si tratta naturalmente di un processo inconscio: nessun componente sarà mai consapevole di aver cessato di aiutare e sostenere il proprio caro.
Il Doppio Mobbing indica la situazione in cui la vittima si viene a trovare in questo caso: sempre bersagliata sul posto di lavoro e per di più privata della comprensione e dell'aiuto della famiglia. Il Mobbing a cui è sottoposto è raddoppiato: ora non è solo presente in ufficio, ma continua, a con altre modalità, anche dopo, a casa.


Le conseguenze per l'azienda e per la società

Il Mobbing provoca un sensibile calo di produttività all'interno dell'azienda in cui si verifica. Innanzitutto la vittima non lavora più con gli stessi ritmi e la stessa efficienza: la sua produttività si riduce notevolmente, tanto che si possono raggiungere cali di prestazione dell'80%. L'azienda subisce poi direttamente i costi di questo fenomeno: essa infatti continua a sostenere economicamente il 100% della paga del mobbizzato e del mobber. Vanno poi considerate le lunghe e continuate assenze per malattia del mobbizzato, nonché la sua sostituzione che l'azienda deve sobbarcarsi per portare a termine comunque il suo lavoro.
C'è poi un altro tipo di conseguenza indiretta del Mobbing che un'azienda subisce: il mobber stesso provoca gravi danni, compiendo spesso sabotaggi, che danneggiano l'azienda prima ancora della vittima, o inducendo la vittima a compiere degli errori, anche questi costosi per la ditta; infine dedicando tra il 5% ed il 10% del suo tempo lavorativo alla progettazione ed esecuzione delle azioni mobbizzanti.
Infine, se il Mobbing è lasciato agire indisturbato, esso può giungere alla sua ultima fase, che vede la vittima costretta ad uscire dal mondo del lavoro, causando ancora gravi costi alla ditta, che deve trovare nuovo personale e predisporre nuova formazione. Nel caso in cui il lavoratore mobbizzato abbia subito un danno quantificato da apposite perizie, egli può citare in giudizio l'azienda stessa, che in caso di perdita della causa può essere costretta a risarcirlo con somme di denaro anche ingenti.
I costi del Mobbing si ripercuotono poi sull'intera società: una vittima di Mobbing è di solito pre-pensionata o invalidata dal lavoro, e secondo stime statistiche, un lavoratore costretto alla pensione a soli 40 anni costa già 620.000 Euro in più rispetto ad uno pensionato all'età prevista.


Le soluzioni al Mobbing: i percorsi formativi


Formazione a tutti i livelli è la parola chiave per risolvere o limitare i problema del Mobbing: essa vuol dire innazitutto corretta informazione, quindi prevenzione e strategie risolutive. Si può operare a vari livelli: a livello aziendale, con specifiche modalità formative di gestione del conflitto e del Mobbing; a livello professionale, rivolgendosi a quei professionisti (medici, psicologi, avvocati, etc) e a quegli operatori del sociale che sono i primi punti di riferimento a cui si rivolge una persona con problemi sul lavoro e che quindi devono essere in possesso delle conoscenze e delle capacità per ascoltare, consigliare, indirizzare; infine c'è la formazione individuale, ossia rivolta alle singole persone, mobbizzate  o meno, e mirata a rinsaldare i principi dell'autostima e ad impartire le tecniche cosiddette dell'Autodifesa Verbale.
Presso strutture qualificate come PRIMA Associazione Italiana contro Mobbing e Stress Psicosociale sono possibili percorsi esclusivi di "allenamento al conflitto" che comprendono corsi ed esperienze assolutamente originali e coinvolgenti, quali l'M-group, i corsi di Autodifesa Verbale, di Egoismo Sano e di Pigrizia Positiva.
L'M-Group è un'esperienza unica e insostituibile per conoscere le proprie reazioni al conflitto, imparare a gestire meglio le proprie risorse e allenarsi a mettere in pratica strategie e metodi efficaci di difesa e contrattacco. Dura tre giorni e si svolge in un luogo isolato, in cui partecipanti e formatori si trovano a contatto esclusivo e costante senza alcuna influenza esterna, Con simulazioni di conflitto non guidate ogni partecipante impara a conoscere le reazioni emotive più nascoste, sue e degli altri, che si manifestano tipicamente nei momenti di maggior crisi.
Il corso di Autodifesa Verbale ha lo scopo di insegnare praticamente e con simulazioni apposite le regole e le strategie fondamentali per difendersi dagli attacchi verbali (insulti, offese, risposte brusche, battute e scherzi di dubbio gusto, rimproveri e critiche infondate) che possono (o no) fare parte del Mobbing, in modo da controbattere in maniera adeguata senza scatenare un fatale inasprimento del conflitto.
L'Egoismo Sano invece propone una nuova filosofia di vita, che si basa sul concetto secondo cui essere egoisti non vuol dire necessariamente recar danno agli altri, mentre non essere egoisti il più delle volte significa fare davvero del male a noi stessi e che incoraggia quindi a riconquistare se stessi e la padronanza dei propri pensieri e atteggiamenti, svincolandosi dalle limitazioni e dalle influenze dell'ambiente circostante.
Il corso di Pigrizia Positiva, insegna, in modo costruttivamente provocatorio, a diventare "pigroni ad hoc", ad essere cioè deliberatamente e metodicamente pigri per difenderci dallo stress e goderci la vita: risparmiare la nostra energia vitale nelle piccole e grandi cose di ogni giorno e riconoscere gli sprechi e le trappole della vita moderna sono ottime strategie per prolungare non solo la nostra vita ma anche la nostra salute.


Le soluzioni al Mobbing: il ricorso alle vie giuridiche

Oltre alla strada della formazione individuale, il ricorso alle vie giuridiche, in genere attraverso la richiesta di risarcimento del danno subito, è una delle strade più battute e praticate dalle vittime di Mobbing. Attualmente nel panorama giuridico italiano, nonostante i vari progressi che indubbiamente sono stati fatti negli ultimissimi anni, non vi è ancora alcuna norma che assicuri certezza di diritto e di tutela, soprattutto in tema di risarcimento e liquidazione del danno.
Il danno da Mobbing è un danno di natura esistenziale, ossia che pregiudica la qualità di vita in senso lato della vittima e non ha nulla a che vedere con il diverso concetto di "danno biologico da Mobbing", che si riferisce invece ad un danno alla salute, di valutazione specificatamente medico legale. Gli effetti del Mobbing sulla salute psicofisica della vittima infatti possono anche non essere presenti ed attestabili; quello che invece deriva sempre da una condizione mobbizzante è "la modificazione della realtà concreta della vittima, derivante dai condizionamenti e dalle compressioni innescate dall'illecito nella sua sfera di esplicazione personale" (P. Cendon, Trattato breve dei nuovi danni. Il risarcimento del danno esistenziale, Cedam Padova, 2001).
Queste ripercussioni di tipo esistenziale investono sia la sfera personale sia quella sociale e sono per esempio la diminuzione di interesse nella vita privata e nel tempo libero, il calo o la scomparsa del desiderio sessuale, il minor tempo dedicato ai figli, la perdita della fiducia in se stessi e nelle proprie capacità, l'azzeramento delle aspettative e della progettualità per il futuro, fino alle crisi coniugali e ad altre fratture dolorose.
È fuori di dubbio tuttavia che il danno da Mobbing è anche strettamente connesso all’ambito occupazionale. Basti pensare solo ad alcune delle azioni di Mobbing più comuni, come le decurtazioni dello stipendio o nel caso peggiore la perdita del lavoro, le lesioni all'immagine personale e professionale, le mancate promozioni, i trasferimenti illegittimi, le multe e le sanzioni disciplinari, il blocco di informazioni o i sabotaggi che ostacolano o impediscono il corretto svolgimento del lavoro, fanno perdere tempo e influiscono quindi sul rendimento della vittima, oltre alle conseguenze della perdita delle capacità psicofisiche, come le difficoltà di memoria e di concentrazione, la paralisi della creatività, l'annullamento dello spirito di iniziativa, l'azzeramento della professionalità, la perdita di ogni chances, l'annullamento dell'esperienza e della posizione acquisita: si tratta di situazioni negative che si ripercuotono direttamente sulla capacità lavorativa residua di reinserimento nel mercato del lavoro.
Nel marzo 2006, la Corte di Cassazione a Sezioni Unite con la sentenza n. 6572/06 ha dissolto ogni dubbio riconoscendo il danno esistenziale come un’autonoma e legittima categoria dogmatica giuridica in seno all’art. 2059 c.c.. Tale è “Ogni pregiudizio (di natura non meramente emotiva ed interiore, ma oggettivamente accertabile) provocato sul fare areddittuale del soggetto, che alteri le sue abitudini e gli assetti relazionali propri, inducendolo a scelte di vita diverse quanto all'espressione e realizzazione della sua personalità nel mondo esterno”. Esso quindi prescinde dalla accertabilità in sede medico-legale, in quanto è una modificazione peggiorativa della personalità dell'individuo e non soggiace al limite di cui all’art. 185 c.p. in quanto riguarda lesioni di interessi costituzionali che ricadono nella previsione dei “casi previsti dalla legge”.
Con quest'ultima pronuncia i Giudici della Suprema Corte, tuttavia, hanno rivoluzionato quelli che erano il pensiero e il metodo di lavoro comunemente accettati in ambito di danno esistenziale, stabilendo che esso che non consegue più in senso "automatico" dalla prova dell'evento dannoso, bensí che deve essere obiettivizzato socialmente, ovvero che occorre valutare il riflesso negativo che l’evento traumatico ha provocato all’interno delle relazioni interpersonali (interne o esterne all’ambiente di lavoro) del soggetto danneggiato.
In accordo con la più affermata dottrina giuridica (si veda ad esempio La valutazione del danno esistenziale di P. Ziviz, in "Trattato breve dei nuovi danni", Cedam Padova, 2001), le attività realizzatrici della persona possono suddividersi in quattro gruppi d’ipotesi: 1. attività di carattere biologico e sussistenziale; 2. relazioni affettive e familiari; 3. relazioni sociali e attività di carattere culturale e scientifico, associativo e religioso; 4. attività sportive, di svago e di divertimento.
Per la valutazione del profilo esistenziale di un soggetto occorrerà quindi indagarne gli ambiti relativi alla salute, agli affetti famigliari, alle sue abitudini e modalità di vita, alla reputazione, al lavoro, con particolare attenzione alle modificazioni peggiorative intercorse a seguito dell'evento traumatico che ha vissuto. Gi strumenti di tale indagine, evidentemente, non possono che essere di stampo prettamente psicologico e lo psicologo sarà ancora una volta il professionista referente più adeguato a svolgere tale compito.
In realtà, molti ritengono che non si possa quantificare matematicamente un danno per sua natura sfuggevole e soggettivo come appunto è il danno da Mobbing e che quindi la sua valutazione debba avvenire a discrezione del Giudice secondo equità. Una tale valutazione, tuttavia, è per forza di cose crucialmente soggetta a fattori soggettivi del Giudicante, quali le sue opinioni e la sua sensibilità, e per questo ha portato spesso a decisioni incongrue e disparità di trattamento delle vittime. Tali rischi possono essere sostanzialmente ridotti richiamandosi ad un procedimento di valutazione matematico e oggettivo.
Come è noto, un procedimento di questo tipo esiste ed è già stato riconosciuto ed applicato da vari Tribunali del Lavoro italiani (per es. il Trib. di Agrigento, sent. del 01.02.2005; il Trib. di La Spezia, sent. del 04.07.2005; il Trib. di Sondrio, sent. del 31.03.2006). Si tratta del "Metodo Ege 2002" per la valutazione e quantificazione del danno da Mobbing, da me ideato e pubblicato in H. Ege, La valutazione peritale del Danno da Mobbing, Giuffré Milano 2002. Esso consente non solo l'accertamento del Mobbing, bensí anche valutazione del danno esistenziale conseguente e la sua finale monetizzazione ai fini giuridici risarcitori.
Tenendo conto della natura extrareddituale del danno dal Mobbing, ma anche del suo peculiarissimo legame con il mondo del lavoro, tale Metodo comprende sia elementi prettamente esistenziali come l'Autostima e il Doppio-Mobbing, sia altri fattori che a prima vista possono sembrare di tipo patrimoniale, quali il reddito del danneggiato e l’influenza del sesso sulla capacità di reintegrazione nel mercato del lavoro, ma che tuttavia sono inscindibilmente legati alla sfera esistenziale e personale del soggetto in questione.
Il "Metodo Ege 2002" comprende tre passaggi fondamentali: il primo riguarda il riconoscimento del Mobbing in una vicenda lavorativa in base all'individuazione di sette parametri tassativi; si procede quindi alla valutazione della percentuale di Danno da Mobbing e quindi alla sua valutazione monetaria in base a specifiche tabelle, in modo del tutto simile a quanto si fa usualmente per il Danno biologico. È mia opinione che tale Metodo, fornendo al al Giudice una base di calcolo rigorosa e scientifica, fondata su parametri che sono sì in parte patrimoniali, ma che proprio per questo gli potranno consentire di distinguere “equamente” le differenti posizioni soggettive, costituisca anche alla luce dei nuovi sviluppi giuridici un valido ed adeguato strumento propositivo per una quantificazione obiettiva del danno esistenziale da Mobbing.

 

 
 

 

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